un disvelamento materico
di AZIONIfuoriPOSTO
ideazione e coreografia di Silvia Dezulian e Filippo Porro
con Silvia Dezulian, Lorenzo Morandini, Dorotea Porro, Filippo Porro, Gloria Trolla
consulenza drammaturgica Lorenza Guerrini
elaborazione sonora Domiziano Maselli e Mattia Nardon
fonico di tournée Biagio Cavallo
disegno luci Maria Virzì
costumi Aurelia Maria Foti
scene Silvia Dezulian
produzione AZIONIfuoriPOSTO, Pluraldanza
coproduzione Centro Servizi Culturali Santa Chiara, Campsirago Residenza, C&C Company
con il contributo di FONDAZIONE CARITRO
con il supporto di KOMM TANZ/PASSO NORD progetto residenze CompagniaAbbondanza/Bertoni, Ecomuseo della Judicaria, Cooperativa Teatrale Prometeo
si ringraziano Patagonia Montebelluna, Fondazione Museo Civico di Rovereto, Spazio ‘500per le Arti, MUSE di Trento, SGL Servizio Glaciologico Lombardo, PNAB Parco Naturale Adamello Brenta, Commissione Glaciologica SAT, Forte di Bard e TFF-Trento Film Festival
Il termine rimaye deriva dal latino rima «crepa» ed è utilizzato in alpinismo per indicare il crepaccio terminale del ghiacciaio, spazio vuoto che separa il ghiaccio in movimento dalle pareti rocciose.








A partire da una riflessione sulla fusione e il distacco dei ghiacciai, Rimaye apre un’indagine su ciò che a breve è destinato a sparire e la sua eredità, mettendo in relazione corpi umani e corpi glaciali in quanto entrambi modificatori di paesaggio in perenne movimento e custodi di memorie, legati al Tempo e alla sua irreversibilità.
Attraverso una serie di escursioni e di ricerche sul campo nei pressi di alcuni ghiacciai delle Alpi, il progetto accosta il linguaggio performativo-coreografico della compagnia ad una ricerca scientifica e storica dei paesaggi montani in mutamento, riflettendo sulla forza dirompente e la fragilità disarmante sia dell’umano che dell’ambiente che lo circonda, mettendoli sullo stesso piano e ponendo l’attenzione sulla loro capacità di modellarsi e immagazzinare storie e vissuti destinati a sparire e a lasciare spazio a ciò che verrà.
Attraverso una partitura di gesti, parole, e suoni, tra incanto, nostalgia e ironia, il lavoro tocca trasversalmente temi come il cambiamento climatico, la memoria tra presente, passato e futuro e il passaggio generazionale. Ciò che unisce drammaturgia fisica e teatrale sono le memorie personali dei danzatori legate alla montagna – frammenti incompleti espressi attraverso monologhi, dialoghi, musiche, che prima o poi scompariranno lasciando però delle tracce, come quelle che ghiacciai ormai in via d’estinzione lasciano nel paesaggio.
E’ solo una questione di tempo. Il corpo è come un ghiacciaio: quella goccia d’acqua che si insinua tra le crepe di ghiaccio, le allarga e riesce a spostarle impercettibilmente a valle si fa goccia di sudore che si insinua tra i corpi, li fa cedere poco alla volta fino ad esaurirli e imprimersi a terra.
